DEMOCRAZIA DIRETTA:IL PASSATO D’ITALIA DIVENTERA’ IL SUO AVVENIRE?

Rivolgersi con spirito nostalgico al passato o sperare in un futuro di giorni migliori sono considerati segni di sfiducia nei confronti del presente o, quantomeno, di non trovarsi a proprio agio tra le sue braccia. Quando poi ci si rivolge contemporaneamente al passato e al futuro si può sospettare che sfiducia e  depressione siano arrivate a livelli mai visti prima. Senza cercare di aggiungere altre spiegazioni sulle cause di una simile condizione, del resto fatte oggetto di studi clinici quanto mai autorevoli, limitiamoci per ora a constatare il fatto e a ricordare alcune espressioni ormai sulla bocca di tutti e persino  vergate sulle sacre pergamene. La più caratteristica di esse riguarda il “popolo sovrano”, il quale, come  i re del passato,non manca di essere circondato da cortigiani deferenti e pronti a ubbidire ad ogni suo cenno, che si avvicinano al suo orecchio a testa bassa per sussurrarvi le parole giuste per entrare nelle grazie della maestà sua e si allontanano camminando a ritroso, come si conviene quando si prende concedo dalla fonte del potere,o forse soltanto per raccogliere  le eventuali grazie lanciate nella loro direzione. Purtroppo, il nuovo sovrano repubblicano, in questo simile a quelli di stampo monarchico di una volta,  sembra occupato in pensieri più importanti che non siano quelli su come tenere a bada il servitorame e far marciare le cose per il verso giusto. All’arte del governo, arte difficile fatta più per rendere corrugata la fronte che per tenerla spianata, preferisce occupazioni più dilettevoli, quali ad esempio sognare le vacanza più esotiche e persino andarci, guardare altri che corrono dietro una palla gonfia d’aria standosene comodamente straiati nel salotto di casa, organizzare cenette con gli amici, correre dietro alle donne. Perciò lascia fare troppe cose ai suoi sorridenti e servizievoli rappresentanti e consiglieri, i quali non mancano di assicurarlo che tutto procede come la maestà sua desidera e che perciò stesse tranquillo, facesse buon pranzo e si godesse la fortuna toccatagli tanto più che a tenerlo informato provvedono inviati ordinari e speciali sguinzagliati in tutti gli angoli del regno e persino del mondo.Paolo Michelotto “La democrazia dei cittadini. Gli esempi reali e di successo, dove i cittadini decidono”
Tanti incoraggiamenti a mandare in vacanza i cattivi pensieri sarebbero stati già sufficienti a destare i sospetti anche dei più spensierati sovrani del tempo andato. Invece il nuovo sovrano non vuole guastarsi la digestione o le vacanze prossime venture con cattivi pensieri, ignorando che a tenerlo informato sulle faccende del regno provvede un “sistema dell’informazione”  per il quale le notizie diventano degne di venir diffuse soltanto dopo che sono passate sulla lingua ruvida dei pescecani che ne sono i proprietari quando sono trovati in grado di nutrire gli affari in corso. Sempre più sistematicamente impegnati nell’arte di montare o smorzare l’indignazione del “grosso pubblico”,  alla luce dei riflettori o nascosti dietro le quinte, direttori e rappresentanti di cartacei o televisivi sistemi non disdegnano di convogliarla nei canali dove scorre l’acqua che fa girare i mulini dei rispettivi padroni abili a scremare degli  utili dove ci siano utili da scremare.
Ma nessuno creda che la vocazione dei potenti al sistema si fermi qui,perché non sono pochi i partiti,amministratori del “bene pubblico”, che aspirano a unire al bene comune anche l’utile proprio. Perciò nel nostro paese pullulano i moralizzatori a tempo pieno i quali non smettono di fare la morale al corso delle cose dalle colonne dei giornali o dinanzi alle telecamere accese, quando sono sotto gli occhi del grosso pubblico. Esperti nell’uso delle parole scorrevoli, liquide, e anche vaporose,le più adatte a prendere la forma degli avvenimenti del giorno, da veri idraulici degli spiriti provvedono  in tutte le ore a tener sgombri i condotti dell’indignazione pubblica, di solito intasati dal molto materiale che i tempi sciagurati in cui viviamo vi accumulano per farvi scorrere le informazioni più utili per loro.
Se questo succede in tempi illuminati come i nostri, quando basta schiacciare un pulsante standosene comodamente sdraiati nel proprio salotto di casa per ricevere le notizie dal mondo intero, si pensi che cosa poteva succedere nei tempi bui, quando la vita si svolgeva all’aria aperta e le notizie potevano correre soltanto di bocca in bocca, stando sull’uscio della bottega o conversando degli avvenimenti del giorno nella pubblica piazza, per bene che andasse  illuminata soltanto dal sole. Eppure, alla luce del sole, o all’ombra delle torri civiche, si scambiavano opinioni e informazioni, ci si arricchiva delle idee degli altri senza impoverirsi delle proprie, prendendo le parole  dal serbatoio dove si accumulavano insieme con i fatti della vita privata e pubblica. Allora persino  l’arringatore delle folle desiderava farsi  capire e parlava di cose sotto gli occhi di tutti, usando la lingua comprensibile ai più. Le azioni cominciavano con le cose e nelle cose finivano, perciò si trovavano esposte ai giudizio personale del cittadino che poteva approvare o disapprovare a ragion veduta. La democrazia diretta,  propria come nelle repubbliche cittadine dove le azioni dei governanti erano sempre sotto gli occhi di tutti, presuppone appunti cittadini, persone in grado di decidere con scienza e coscienza.
Le storiche città italiane meritano di venire studiate nelle forme architettoniche e urbanistiche nelle quali anche  l’osservatore meno attento può scorgere il riflesso di una storia che ha ancora oggi molto da insegnarci. Esse  sono ben altre cose che aggregati di pura vita economica come il disorientato osservatore moderno, paragonandole  alle città odierne, potrebbe supporre, ma offrono l’immagine di un principio di vita più vasto, una vocazione culturale, una volontà  politica che il trascorrere dei secoli può aver indebolito ma non obliterato del tutto.
Oggi non è più il tempo delle piazze assolate, trasformate in parcheggi a pagamento, e delle torri civiche, che si limitano a segnare l’ora per gli uccelli. Se si parla, non si parla di cose uscite dalle proprie mani, incardinate in pensieri e parole chiarite dal senso comune, un senso che non rifugge dal dare voce neanche all’ordine civico, ma di parole fabbricate da menti addestrate a farne le repliche adatte a tutte le teste. Insomma, la sedentaria arte dell’ascolto va alla grande, e in questo non si è schizzinosi soltanto se la notizia à confermata dal rappresentante del nostro partito. In quanto a far parlare le cose, esse tutto possono fare, e lo fanno, ma non sanno comunicare, al massimo trasmettono prescrizioni d’uso.
Tutto viene ingerito, se non digerito, con pari indifferenza, perché in fondo non si da’ nessun credito a parole e avvenimenti giunti sino a noi nelle forme evanescenti di suoni e immagini presto sostituiti da altri suoni e immagini. Persino i disastri nei luoghi più distanti ed esotici, dove i morti e feriti si contano a migliaia, giungono alle nostre orecchie senza penetravi perché presto richiamate ai più urgenti problemi del traffico. In quanto poi ai disastri provocati dalle imprese degli eroi del giorno, iniziate a suon di tromba sulla stampa quotidiana e periodica e poi finite male, dove sono in gioco i nostri soldi, dopo essersi scaricate sulla testa dell’ignaro uomo comune con l’imprevedibilità di un uragano, esaurito  lo scatto di rabbia iniziale non lasciano altro che un sentimento di impotenza, che non è precisamente quanto ci vuole per indurre i responsabili, spesso con nome e cognome, a smettere nelle loro imprese e passare a un lavoro più onesto.
Perciò, con la sparizione dei mondi privati e la sua sostituzione con lo spirito del tempo che è in ogni luogo, diventa inutile alzare barricate dinanzi all’uscio perché o spirito del tempo ci entra inc asa senza nemeno bussare. Lo spirito del tempo va  certamente ascoltato ma, per quanto cerchi di insinuarsi, di ripetere che soltanto lui sa capirci,  tenerlo d’occhio per coglierlo in castagna costituisce ancora la più salutare pratica mentale, senza contare il divertimento assicurato.
Insomma,  non ha senso turasi gli orecchi  ma prima di accettarle, le notizie vanno fatte passare nei crivelli dalla trama sottile perche tra i semi che daranno pane non si mischi anche l’oglio. Ascolteremo con sano sospetto  l’impettito informatore ufficiale, mentre la nostra fiducia andrà alle parole titubanti ancora radicate nelle cose che possiamo vedere e toccare noi stessi, agli interessi che aiutano a nutrire il corpo e alle opinioni che tengono in esercizio la mente e aiutano a farci vedere una questione da tutti i lati. Infatti, si ascolta  non per assorbire le verità degli altri, bensì per opporre opinione a opinioni e, nella lotta, dare a tutte la possibilità di irrobustirsi le ossa.
Per comunicare nella nuova città non è necessario vivere e lavorare gomito a gomito e parlare di cose sotto gli occhi di tutti. Gli interessi si allargano in proporzione  ai mezzi di comunicazione disponibili, alle nuove intraprese umane. La piazza elettronica non è limitata dalle architetture dei palazzi   e dai portici, bensì soltanto dalla coscienza dei propri reali interessi e dalla capacità di dare loro una forma che non rifugge dal confronto con le idee degli altri. Arte sottile questa del confronto, e anche faticosa perché dove non cediamo alle lusinghe di chi  dice di essere dalla nostra parte, anzi, di conoscere quello che siamo e vogliamo meglio di quanto sappiamo fare noi stessi, resta soltanto la fatica di separarci da errori nei quali pure ci riconosciamo.
Nel confronto con questa rete di opinioni sorte dalla vita di ciascuno di noi, dai nostri interessi,  con quelle diffuse coi mezzi più potenti, si riconoscono le trame del nuovo potere, la sua tendenza a  non  chiedere il nostro consenso ma a farci credere di conoscere lui il nostro vero pensiero. Esso, padrone dei mezzi di informazione e intrattenimento, esso veramente non vuole il nostro silenzio, ma lavora per fare delle nostre parole la veridica testimonianza del suo potere di condizionarci.
Per ulteriori approfondimenti: www.umanesimopopolare.org
(Settembre 2012)
DEMOCRAZIA DIRETTA:Per saperne di più
1:N.Bobbio:Il futuro della democrazia, 1984, Einaudi
2:Y.Renouard:Le città italiane dal X al XIV secolo,Vol.1 e 2, 1975, Rizzoli
3:Piero Calamandrei:Lo stato siamo noi, Chiarelettere,2011
4:Thomas Benedikter: Democrazia diretta. Più potere ai cittadini, Sonda Edizioni,2008
5:Carlo Cattaneo:La città considerata come principio ideale delle istorie italiane
6:G.C. Rousseau: Il contratto sociale, Ed. Laterza,1997

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