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AMBROGIO LORENZETTI: Il buono e il cattivo governo a Siena

Dopo una vicenda di torbidi e lotte interne ed esterne, tra il 1287 e il 1355 il comune di Siena fu retto da un regime di estrazione popolare e mercantesca, con a capo la magistratura dei Nove che escludeva tra i suoi componenti i nobili. Nel 1338, ricevuto l’incarico dai Nove, Ambrogio Lorenzetti inizia a dipingere sulle pareti della Sala detta dei Nove, nel Palazzo Pubblico di Siena, il ciclo degli affreschi sul Buon e sul Cattivo Governo a istruzione della popolazione sulla natura dell’ordine politico e  ammonimento a proseguire sulla via intrapresa.

Il ciclo, che si estende per una lunghezza di 35 metri, comprende sei dipinti. Nel primo, l’Allegoria del Buon Governo, il Comune, nelle sembianze di un saggio monarca, è come assiso in trono, affiancato dalle figure allegoriche della Pace, la Giustizia, la Temperanza, la Fortezza, la Magnanimità e la Prudenza, mentre sul suo capo siedono,  in vesti di consigliere, tre figure femminili, le virtù

A.Lorenzetti(1285 circa-1348):Allegoria del Buon Governo(Palazzo Pubblico-Siena)

A.Lorenzetti(1285 circa-1348):Allegoria del Buon Governo(Palazzo Pubblico-Siena)

teologali:Fede, Speranza e Carità. La giustizia, come mostra la figura con la bilancia, divide,senza fare distinzioni tra popolani e nobili, i buoni cittadini dai reprobi. Accanto, i due affreschi sugli effetti  del buon governo in Città e in Campagna. Una folla di persone troppo intente alle loro occupazioni ordinarie per partecipare agli odi e alle lotte di fazione. La vita si svolge in un clima di concordia e serena fattività in cui a ciascuno è dato di contribuire al benessere generale col proprio lavoro, nella mentalità dell’epoca  meno  scelta personale che il segno di un destino decretato da Dio stesso.

Effetti del Buon Governo in città

Effetti del Buon Governo in città

 

Se l’Allegoria raffigura le cause ideali, i due successivi affreschi, sugli Effetti del Buon Governo ne rappresentano le conseguenze nella vita mondana, sul piano economico, etico e politico.

A questi fanno da contraltare altri tre affreschi. Nell’Allegoria sul Cattivo Governo, personificato da una figura con le corna, evidentemente il diavolo in persona, i pacifici e costruttivi abitanti precedenti sono sostituiti da altri personaggi: la Discordia, la Crudeltà, l’Avarizia, la Perfidia, Frode, la Tirannide, la Vanagloria e,quindi, la Guerra gli i cui effetti sono le lotte intestine, rovine in città, campagne desolate, saccheggi, rapine.

Ambrogio Lorenzetti: allegoria del cattivo governo

Ambrogio Lorenzetti: allegoria del cattivo governo

Ora, a parte il valore artistico(grande) del ciclo, uno dei primi di soggetto laico nell’arte del tempo, esso si fa apprezzare anche per la chiarezza con la quale viene espresso il suo messaggio   politico del quale è agevole misurare il grado di attualità.

Lo stato è in pace e prospera  quando i governati possono esercitare le loro particolari attività, quelle stesse attività sulle quali lo Stato si sostiene e che in definitiva sono sue parti organiche, costitutive, mentre i governanti comprendono i bisogni vitali della popolazione quali si trovano riflessi in ideali di pace, giustizia,ecc. e provvedono a riguardo. L’autorità politica giusta è quella che si astiene dall’usare le armi del potere politico per perseguire gli interessi particolari dei componenti. Essa è conseguenza di virtù e sapere, ma  non si costituisce nella sfera dell’astrazione perché deve comprendere gli interessi particolari da volgere a fini di pubblica e generale utilità.

Effetti del Cattivo Governo in campagna

Effetti del Cattivo Governo in campagna

Come scrive G.C.Argan(Storia dell’arte italiana, Vol.2, p.34-36, Sansoni) si tratta di concetti di derivazione aristotelica: la vera natura dell’uomo è la razionalità come si manifesta nella vita sociale, nel mondo dei rapporti umani.

In mancanza di un’autorità giusta, gli interessi particolari, invece di concorrere al benessere generale,manifesteranno la loro essenza perversa e asociale portando, con la rovina dei singoli quella dello stato, la rovina generale.

Quando per difetto di comprensione o per costitutiva inclinazione al male degli individui chiamati a governare, gli interessi di parte e,dietro questi, le partigianerie, gli interessi delle cricche e personali, penetrano nella  sfera del governo, o, detto in maniera più colorita, i diavoli prendono possesso della città, il libero lavoro è sostituito dal desiderio di arricchimento a tutti i costi, mentre frode e  sopraffazione, rapina e violenza prendono il posto dei rapporti fondati sul consenso e il reciproco giovamento.

Per il Lorenzetti di questi notevoli affreschi, lo scatenamento dello spirito parte, della trasformazione della lotta politica in guerra di fazioni, l’emergere delle cricche e dei partiti personali, benché sotto la copertura di frasi altisonanti, è il segno più sicuro che la politica è diventata perseguimento dell’interesse personale, ricerca di privilegi, stipendi,pensioni d’oro. Insomma, acquisto della  roba altrui, furto con destrezza, soprattutto dei più semplici, del popolo  lavoratore troppo fiducioso nella virtù delle proprie mani per poter resistere alle manipolazioni delle idee e della lingua fatte dai loro governanti per impartirgli i salutari insegnamenti su quello che deve sapere.

 

 

CARLO CATTANEO: la città, la storia, la buona e la cattiva amministrazione

Lo scritto di Cattaneo La città considerata come principio ideale delle istorie italiane è per noi del massimo interesse sotto due punti di vista. Secondo il grande milanese, a partire dal più remoto passato, per le genti del nostro paese la storia narra vicende di città, che sono vicende di  organizzazione della vita economica e politica, nonché culturale, a partire dalle piazze e dai vicoli disegnati con maggiore o minor rispetto dello spirito geometrico entro le mura delle nostre città. In questo caso, l’organizzazione dell’intera  vita delle comunità si rendeva visibile come organizzazione urbana. Il cittadino, prima che l’abitante di una città, era il portatore di doveri e  diritti e della volontà e capacità tanto di rispettare i primi che di difendere i secondi contro le forze feudali arroccate nei castelli montani o nelle abbazie, i nemici naturali dei diritti. Egli traeva linfa intellettuale ed etica dalla vita cittadina nella quale si formava, cui del resto ne restituiva in abbondanza perché le istituzioni, in larga misura emanazioni della volontà comune e  con ogni loro decisioni controllate dal basso, non potevano facilmente operare nell’ombra, all’insaputa dell’universale  e contro i suoi interessi. Col nome di municipio, con la campagna che la circondava e da cui traeva il necessario per vivere, formava un’unità inscindibile,  controllando tutti  gli elementi di vita necessari per formare  quasi uno stato in miniatura. Entro questi limiti, la vita degli uomini poteva svolgersi liberamente e in tutte le direzioni, perché non era difficile vedere il fabbricante farsi commerciante e banchiere, come anche politico, storico e combattente per la sua piccola patria.

Le epoche successive, degli stati territoriali, delle società della produzione industriale e degli scambi commerciali,  hanno decretato la fine dei sistemi economici e politici  cittadini chiusi da mura e fossati. Gli stati moderni costituiscono organizzazioni di vita più vaste e complesse, dove però il cittadino, preso dal    meccanismo della vita pratica, da rapporti competitivi tra privati a loro volta fonti di problemi di ogni genere , raramente trova occasione di sollevare la testa e informarsi sullo stato di salute della vita comune, salvo per quelle notizie che hanno più diretta importanza per la sua vita e filtrano attraverso organi di comunicazione occupati più a manipolare le informazioni a vantaggio dei loro padroni che a informare obiettivamente. Soprattutto quando le notizie vengono scodellate tutte le sere nei salotti di casa dove il cittadino stanco siede affamato più di quanto bolle in pentola che di verità. Il fenomeno del cittadino manipolato e tipico di un’epoca evoluta in cui esistono tecniche per ogni bisogna, comprese quella rivolta a plasmare le anime e a farle vibrare in accordo con i massimi interessi che controllano i mezzi di informazione stessi.

Parallelamente alla transizione dallo stato cittadino a quello  esteso territorialmente,la città,da struttura politica, è diventata organo di amministrazione dello stato che drena risorse dal territorio per erogare servizi, mentre il cittadino, smesse le vesti  eroiche di un tempo, si trova ridotto al più modesto ruolo di contribuente. Il che sarebbe poco male se i suoi soldi, anziché venir dirottati nelle capaci tasche dei padroni a cui rispondono i politici e,in misura minore, nelle tasche di questi, venissero usati per gli scopi in ragione dei quali sono stati prelevati.  La storia  chiede quindi ai cittadini di cambiare pelle, di trasformarsi da difensore di mura e fossati alabarda in pugno in controllore della finanza pubblica, maltrattata dagli amministratori di solito tanto più sorridenti sotto le elezioni quanto più decisi ad approfittare della carica una volta eletti. Compito nuovo ma non meno rispettabile e impegnativo di quello di una volta quello del controllore della regolarità amministrativa, di come sono  spese le risorse pubbliche, perché informarsi di quanto succede alla cosa pubblica richiede impegno e impone rispetto, anche se ora in fin dei conti sembra voler difendere i suoi interessi e non il prestigio della città.  E questo senza perdere nulla della sua antica dignità di cittadino militante. Infatti, non è molta la strada da percorrere per giungere dal controllo amministrativo a quella coscienza politica che oggi, come in altre epoche, può essere soltanto il prodotto di una cultura capace di comprendere a abbracciare tutte le diverse e contrastanti volontà. Nel mondo moderno, la coscienza politica può nascere soltanto dalle cose e da una cultura che ne comprenda l’intima natura, i poteri e le resistenze, come le direzioni alle quali sono volte le volontà degli uomini,  il frutto di una cultura organizzatrice sorta dalle cose stesse e perciò smentibile soltanto dalle cose.

Da qui occorre ripartire per non smarrirsi nelle tendenze caotiche di un mondo che va per al sua rombante strada senza chiedere prima il parere  a coloro che sono destinati a venir travolti.

Nelle pagine seguenti si parlerà anche di soldi, e forse a taluno sembrerà con lo spirito ragionieristico di chi si preoccupa di far quadrare i conti. Ma si ingannano, perché si tratta di un segno dei tempi, di tempi in cui il cittadino non si contenta più delle parole rassicuranti delle quali sono prodighi i demagoghi, col loro seguito di barattieri e falsari, ma si sente finalmente in grado di gettare luce sull’unica realtà ancora circondata da reverente mistero:quello circa la natura del legame tra le parole e i fatti. Questa è la sfida alla quale i nostri tempi sono chiamati.

Si potranno anche trovare significative suggestioni nelle immagini di città nelle quali la loro vocazione politica antica risulta evidente nelle cose stesse.  Organizzate attorno ai rispettivi fora esse suggeriscono l’esistenza di un ordine che era il risultato di un interesse e un pensiero comuni, compatti, non la divagazione dietro immagini di felicità personali fatalmente deluse da più potenti pensieri volti a perseguire interessi più grandi dei nostri.

Rivolgersi allo spirito delle città per trarne insegnamenti ancora validi ai nostri giorni potrà venir accusato di campanilismo ma non di ristrettezza mentale se gli insegnamenti tratti sono quelli giusti. Ecco perché vogliamo riunire le nostre forze nel nome di un passato che potrà diventare ricco di insegnamenti per il futuro.

Parla dell’argomento che conosci meglio perché lo vivi, della tua città e del significato universale della sua storia;scambiatevi le idee sugli insegnamenti che trasmette. Si formerà così una rete di cittadini che invece di accontentarsi delle parole confezionate da altri per illuderlo e deluderlo si impegnano nell’arduo compito, che riveste anche un loro interesse primario, di  scoprire tra i segni ambigui dei tempi  una verità non disprezzabile. (Ottobre 2012).